I Bioi, vite dei santi del mondo romeo occidentale, esaltano le virtù del santo oggetto della narrazione, e seguono schemi tipici; sono dunque un genere letterario prima ancora che agiografico, e obbediscono a convenzioni come ogni genere greco. Rivendicano, attraverso dei fatti circa le origini, la nascita e la presenza del santo in un determinato territorio; e legittimano dei diritti e possessi di un cenobio. Ciò li rende non sempre troppo attendibili nel loro insieme, ma utili esempi di mitopoiesi e fonti indirette di costumi e mentalità.
San Giovanni Teresti, in agro di Bivongi nella Valle dello Stilaro in Calabria, è quanto rimane di un cenobio “basiliano” che dall’architettura del katholikòn mostra di risalire all’età normanna; e fu sede, assieme a S. Elia di Carbone e al SS. Salvatore di Messina, di uno dei tre archimandriti intorno ai quali il nuovo Stato degli Altavilla, dal 1130 regno, organizzò e disciplinò il sempre riottoso e anarcoide monachesimo di lingua e rito greci, ma ormai di obbedienza romana e che aveva separato le sue sorti da quelle dell’Impero d’Oriente. La nostra fonte suggerisce tuttavia che un cenobio preesistesse alle vicende del santo e all’attuale struttura e denominazione; se non si tratta di altro cenobio, quale potrebbe essere quell’Arsafia i cui beni passarono alla Certosa di Santo Stefano del Bosco oggi in Serra San Bruno.
Il cenobio era ancora in uso ai tempi della visita di Atanasio Calceopulo (metà del XV secolo); e tornò a fiorire quando, nel 1579, venne costituito un Ordine Basiliano con un provinciale. Subì poi le solite vicissitudini di terremoti, abbandono, privatizzazione; di recente restaurato, venne assegnato per qualche tempo a dei monaci ortodossi greci, e ospita oggi dei monaci romeni.
Del Bios di san Giovanni il Mietitore ci sono pervenute due versioni, una in un greco molto popolare e scorretto, e dalla grafia arbitraria, firmata tuttavia da Nilo da Rossano, chiunque fosse o dicesse di essere l’autore; l’altra, anonima, è in elegante greco ecclesiastico più vicino ai modelli classici che al greco bizantino e al neogreco. Diamo qui, dal testo più corretto, traduzione dei passi più salienti e sintesi di altri momenti.
Vita e fatti del nostro santo padre Giovanni Theresti
Questo nostro santo padre Giovanni Terestì era di Calabria, dalle parti di Stilo, figlio di genitori cristiani nobili e ricchi; e suo padre era arconte di un villaggio chiamato Cursano; sopraggiunti un tempo alcuni barbari per mare con navi dall’isola di Sicilia contro la detta regione e devastando e saccheggiando molte città e villaggi, annientarono anche il predetto villaggio di Cursano, e uccisero il padre del santo, ma portarono prigioniera nella loro terra, nella città di Palermo, la madre che era incinta; lì uno dei capi di quelli la prese come sua sposa. Ma quando partorì e generò questo venerando fanciullo, la madre lo allevava nell’educazione e nella legge del Signore; mentre il marito di quella lo abituava ai suoi barbarici costumi. Ma quando giunse a quattordici anni gli disse la madre: “Sappi, figlio, che questa non è la nostra patria, né questo è tuo padre; ma sei figlio di un nobile; ed io fui condotta qui prigioniera di guerra; e tuo padre venne ucciso da questa gente barbara in Calabria nostra patria, nel nostro villaggio di Cursano, presso lo Stilaro, lungo il fiume sopra il monastero del luogo chiamato Rodo Robiano sotto il monte di Stilo; e in quel villaggio è il nostro palazzo e lì abbiamo nascosto i nostri tesori”: e gli indicava il luogo dove li avevano nascosti…
[La madre insegna a Giovanni la necessità del battesimo e gli consegna una croce che cela ai Saraceni. Il giovane fugge dalla Sicilia e giunge a Stilo, dove il vescovo lo sottopone a dure prove, infine…] lo condusse in chiesa con molto e grande onore, e lo battezzò e lo chiamò con il suo nome di Giovanni e lo teneva con sé dei giorni opportuni per catechizzarlo e gli insegnò le verità della fede. E in quei giorni entrando spesso il santo in chiesa osservava molte immagini di differenti santi; e domandava a quello: “Di chi è questa immagine? e quest’altra di chi è?”…
Venuto all’immagine di san Giovanni Battista, chiedeva: “E questo chi è, vestito di pelle di cammello?”, gli risposero: “Questo è san Giovanni Battista, che tu devi prendere a modello: tu, infatti, ti chiami Giovanni come questo santo; per questo devi imitarne la vita”. Invitatili a spiegarli la vita di questo santo, e gli dissero che questo santo vagava nel deserto, e gli narrarono il resto della sua vita. Ed egli sentitolo fu pieno di amore divino, e presentatosi dal vescovo, chiese licenza di recarsi in un deserto, ove potesse raggiungere la quiete e salvare la sua anima; e gli indicarono sul monte a settentrione un luogo selvoso distante due miglia, dove c’era un cenobio, dicendo: “In quella casa abitano alcuni monaci che osservano la vita e la regola del grande Basilio”. Andato in santo giovane in quel luogo trovò due santi padri, Ambrogio e Nicola.
[Respinto dai monaci, si impone loro per la fortezza della determinazione, e viene infine accolto nel cenobio.]
Dopo non molto tempo si ricordò il santo delle parole che gli aveva dette la madre, e rivelò tutto a quei santi padri, e che egli era di quella regione, del villaggio devastato di Cursano, figlio del nobile che era stato ucciso dai barbari, e i tesori nascosti dove era il suo palazzo, e il resto.
Un giorno dunque il santo, preso con sé uno di quei santi padri, andarono nel detto luogo e cercarono i suoi tesori; e avendoli trovati, distribuirono tutto ai mendicanti, secondo la regola del loro padre il grande Basilio.
[Un nobile offende Giovanni, e viene punito con un fuoco nelle viscere; per le preghiere della madre di quello, il santo lo guarisce; essi donano al monastero un campo che dall’episodio prende il nome di Pirito.]
C’era un nobile in Robiano, che ora si chiama Monasterace, che era benefattore del monastero, e ogni anno usava donare ai santi padri ciò che fosse loro necessario. Voleva una volta il santo Giovanni recarsi da lui, nel mese di giugno e nel tempo della mietitura; prese con sé un piccolo vaso di vino e poco pane e andava. Giunto nei luoghi chiamati Muturabulo e Marone, vide una turba di mietitori che mieteva i campi del detto nobile, i quali, visto il santo, cominciarono a dileggiarlo e deriderlo; ma quello avvicinatosi li abbracciava, e invitandoli diede da mangiare e bere a tutti del pane e del vino che aveva, e tutti si saziarono, e il pane e il vaso non diminuirono. Visto questo, il santo si gettò a terra ringraziando Dio, e mentre pregava si levò il vento e iniziò a piovere. Tutti i mietitori fuggirono sotto gli alberi. Solo il santo rimaneva a pregare. Terminata la preghiera, vide quei campi mietuti e tutti i covoni legati, e tornò al suo monastero. Cessata la pioggia vennero di nuovo i mietitori a completare il loro lavoro; e trovarono tutto ormai mietuto e legato; ma non videro il santo; ma si recarono a casa del padrone per ricevere il salario, cantando e danzando per strada. Fattosi loro incontro per strada il padrone cominciò a rimproverarli e svillaneggiarli dicendo loro: “Stolti e pazzi, perché fate ciò? chi vi ha insegnato a lasciare il lavoro a mezzodì in un giorno di mietitura?”, e risposero a lui: “Signore, è tutto mietuto e legato”. Egli disse: “Come è possibile ciò, se neppure per domani mi basterebbero trecento altri mietitori?”, e quelli confermavano quanto detto, che il tutto era andato così. Li interrogò dicendo: “Avete preso forse qualche altro aiuto?”; risposero: “Non abbiamo avuto altro aiuto se non un monaco del monastero, che venne da noi e ci diede da mangiare e bere, poi non l’abbiamo visto più”. Allora disse quel signore: “Questo monaco per grazia divina ha mietuto i miei campi ed io voglio che questi campi siano suoi”: e consacrò al monastero i detti luoghi di Muturabulo e Marone. Il monastero li ha e possiede fino ad oggi; e per questo miracolo il santo fu chiamato Therestì.
Un nobile di nome Ruggero, figlio del sovrano del paese, aveva sul volto una ferita inguaribile, che non poteva venire curata da alcun medico. Questi, ascoltata la fama di questo santo, che compiva molti prodigi e curava molti da diversi e vari morbi, e cacciava molti demoni dagli uomini, speranzoso andò da lui; e lo trovò che era uscito da questa vita, e ne giacevano le spoglie; e caduto a terra ai suoi piedi, lo invocava a lungo dicendo: “O beato Giovanni, ti prego, non per grazia mia, ma per la tua virtù e bontà; supplica il pietoso Dio per me perché mi liberi da questo morbo del volto”, e così avendo detto prese il lembo della veste del santo e con quello si nettò il volto, e subito venne liberato da quella malattia, e sul volto non rimase alcun segno. Visto ciò quel nobile e altri miracoli che avvenivano di fronte a lui, glorificò Dio e questo san Giovanni Terestì, e per il beneficio ottenuto restaurò tutto il monastero e la chiesa, e vi consacrò molte terre e ricchezze, che il detto monastero ha e possiede fino ai giorni nostri.
autore: ULDERICO NISTICO’
immagine del santo proviene da questo sito
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