Il suo aspetto si direbbe quello di un anziano, adatto, quasi, a un censore o simile a quello di un pedagogo. Il suo sguardo è fisso e il sopracciglio non è altezzosamente inarcato e nemmeno basso sugli occhi e come sospettoso, ma franco e convenientemente atteggiato. Il suo incedere non è sostenuto e come concitato né indolente e svogliato, ma quale loderebbe un metricista che s’intende di cadenze ritmiche; e anche il tono della sua voce è musicale e armonioso, né gorgogliante come per un correre d’acque dal labbro, né cupo e stentato”.

(Michele Psello, Cronografia, VII, c 5).

Le origini (1050 – 1068)

Michele Ducas nacque nel 1050 da Costantino Ducas e da Eudocia Macrembolitissa, nipote del patriarca Michele I Cerulario. Il padre, Costantino, era al suo secondo matrimonio (la prima moglie era stata la figlia di Costantino Dalasseno), e Michele fu il suo primogenito, dopo di lui arrivarono un secondo maschio, di cui le fonti non riportano il nome, Andronico (sebbene alcuni lo identifichino con il secondogenito senza nome), Anna (che in seguito entrò in convento), Teodora (che poi sposò il doge veneziano Domenico Silvio) e Zoe (che nel 1078 sposò Adriano Comneno, fratello di Alessio). Nel 1059 il padre diventò imperatore dei Romei con il nome di Costantino X, dopo che il suo predecessore, Isacco I Comneno, era stato spinto a ritirarsi in convento; con lui inizia la dinastia dei Ducas. Al fianco del nuovo sovrano ci sono Michele Psello, grande letterato, console dei filosofi e uomo politico, e il nuovo patriarca Costantino III Licude, salito al soglio di Andrea dopo che, l’8 Novembre del 1058, Cerulario era stato deposto dal basileus Isacco.

I primi tempi di governo furono funestati dalla morte del secondogenito che fu compensata, nel 1060, dalla nascita di Costantino (o Costanzio), che subito fu associato al trono; gli altri figli maschi furono lasciati nello status di privati cittadini, sebbene, dopo qualche tempo, pure Michele fosse associato al trono.

In questi anni il ragazzo cresce sotto la guida di Psello che è il suo precettore, la situazione politica però non è delle migliori: “Il neoimperatore non era affatto un uomo malvagio, era uno studioso e un intellettuale, il discendente di una delle famiglie più antiche e più ricche dell’aristocrazia militare. Se fosse rimasto fedele alla tradizione di famiglia e negli otto anni di regno avesse continuato l’opera di Isacco, riorganizzando l’esercito in vista delle sfide future, la tragedia avrebbe potuto essere evitata. Ma Costantino Ducas prediligeva gli agi di Costantinopoli, dove poteva dedicarsi a dotte disquisizioni e a interminabili e super-sofisticate dissertazioni giuridiche. Il prezzo che l’Impero pagò fu davvero terribile.

La burocrazia tornò a essere potentissima (…). L’impresa privata era rigidamente controllata (…). Esisteva dunque un numero sterminato di funzionari, ai quali l’imperatore inculcò un solo principio: piegare, se non proprio distruggere, il potere dell’esercito. Bisognava lesinare i finanziamenti alle forze armate, limitare l’autorità dei generali, sostituire le milizie contadine con mercenari stranieri” (1). Il risultato di un tale indirizzo politico non tardò a farsi sentire: in Italia i Normanni stavano conquistando tutti i territori bizantini senza incontrare resistenza; nei Balcani si assisteva a violente incursioni di Uzi e Peceneghi mentre gli Ungheresi conquistavano Belgrado; nel 1064 l’avanzata turca causò un riavvicinamento di Bisanzio al regno della Georgia; il suo re, Bagrat IV, per suggellare l’alleanza, inviò sua figlia Marta a Costantinopoli dove, nel 1065 col nome di Maria d’Alania, andò in sposa proprio a Michele; così la descrive Anna Comnena “Giammai, in un corpo umano, si vide una più perfetta armonia delle proporzioni (…); era una statua animata, un oggetto di ammirazione per qualsiasi uomo che avesse il senso della bellezza (…) o piuttosto era l’Amore incarnato e disceso sulla terra” (2).

In quei giorni i Turchi Selgiuchidi occuparono Ani, capitale d’Armenia, e nel 1067 giunsero fino ad Ancyra. Dopo un regno dal bilancio molto negativo sia sul piano della politica interna che di quella esterna, Costantino X Ducas morì il 22 Maggio 1067, lasciando l’Impero con gravi problemi su tutte le frontiere. In punto di morte il sovrano fece promettere a sua moglie di non risposarsi per trasferire il trono ai figli Michele e Costantino, la donna acconsentì sotto la garanzia di Psello, del patriarca Giovanni VIII Xifilino (succeduto il 2 Gennaio 1064 a Licude morto nell’Agosto precedente), e del cesare Giovanni Ducas, fratello del basileus. Le grandi minacce esterne però convincono la popolazione della necessità di un sovrano forte e autoritario che riprenda in mano la situazione, si parla anche di congiure per deporre la basilissa, tra quelli che tramano c’è pure Romano Diogene, magnate cappadoce, che è arrestato e processato. Durante il processo Eudocia si innamorò dell’imputato e lo condannò all’esilio invece che alla morte. La richiesta di un nuovo sovrano però si faceva sempre più insistente, Eudocia sarebbe stata pure disposta a nuove nozze ma prima doveva convincere il patriarca a sciogliere il voto. Xifilino fu ingannato e diede il consenso, quindi la basilissa sposò l’uomo di cui si era perdutamente innamorata che, il 1° Gennaio del 1068, divenne imperatore con il nome di Romano IV Diogene.

Il regno di Romano IV Diogene (1068 – 1071)

Romano IV si dedicò attivamente a ripristinare le forze armate, trascurate da Costantino X, e, dopo aver associato Andronico Ducas (fratello di Michele) al trono, partì per una spedizione contro i Turchi che si svolse tra il Marzo del 1068 e il Gennaio del 1069. Tra la Primavera e l’Autunno del 1069 avvenne la seconda campagna che, come la precedente, non fu risolutiva; intanto in Italia i Normanni proseguivano nelle loro conquiste e, nel Gennaio del 1071, occuparono Brindisi, mentre il 15 Aprile entrarono a Bari sotto la guida di Roberto il Guiscardo, ponendo fine al dominio bizantino in Italia.

In Marzo comunque Romano era partito per la terza spedizione contro i Turchi di Alp Arslan, la campagna era stata dura e si era conclusa, il 19 Agosto, con la terribile disfatta di Manzikert; in quel giorno il probabile tradimento di alcuni generali (Tarcaniote e Andronico Ducas), legati alla famiglia Ducas e ostili a Romano IV, causò una delle sconfitte più umilianti e foriere di disgrazie che l’Impero avesse mai affrontato: in seguito a questo evento pure Romano fu fatto prigioniero. Alla corte del sultano Romano stipulò un trattato di pace che prevedeva la cessione di Manzikert, Antiochia, Edessa e Ierapoli; la mano di una delle principesse per uno dei figli del sultano; mezzo milione di pezzi d’oro come riscatto e un tributo annuo di altri 360.000. Concluso il trattato Romano ripartì per la Capitale.

Il regno di Michele VII Ducas (1071 – 1077)

A Costantinopoli i Ducas non persero tempo e presero in mano la situazione. Approfittando dell’incerta sorte di Romano, il Consiglio della Corona si riunisce per vagliare varie opzioni: alcuni volevano affidare il trono all’imperatrice, altri al figlio Michele; altri ancora al cesare Giovanni; alla fine prevalse il parere di Psello che propose di restaurare il governo collegiale di Eudocia e del figlio Michele che era stato instaurato alla morte di Costantino X.

Dopo pochi giorni giunse una lettera di Romano che annunciava di essere vivo e ospite del sultano, il panico si diffuse a Corte; interrogato sul da farsi, Michele Psello affermò espressamente che “più non si doveva accettare l’altro sul trono, ma sbarazzarsene una buona volta” (3); il consiglio fu accolto e furono inviati bandi in ogni parte dell’Impero per annunciare che Romano non era più imperatore.

Ai primi di Ottobre, su consiglio del cesare Giovanni e dei suoi figli, e contro il parere di Psello, si decise di esautorare l’imperatrice, quindi Giovanni Ducas divise le guardie variaghe, che lui comandava, in due gruppi: il primo, guidato da suo figlio Andronico, tornato da Manzikert, andò a occupare il Palazzo per mettere al sicuro l’imperatore Michele, il secondo, guidato da Giovanni stesso, irruppe negli appartamenti della basilissa e l’arrestò. Quindi, “per il suo bene”, Eudocia fu trasferita nel monastero da lei fondato, fuori città, in onore della Madre di Dio, e in seguito spinta a farsi monaca; il figlio, Michele VII Ducas, fu incoronato a Santa Sofia dal patriarca unico imperatore dei Romei il 24 Ottobre del 1071.

Romano, non accettando ciò che era accaduto a Costantinopoli, iniziò a girare per le province d’Asia reclutando uomini, poi, con l’aiuto del generale armeno Cataturio, occupò Amasea (altri dicono Docea). Costantino Ducas, figlio minore del cesare Giovanni, fu inviato con un esercito a fermarlo. Giunto ad Amasea, Costantino spinse Romano alla battaglia e lo vinse, Romano fu costretto a fuggire e si rinserrò nel forte di Tyropoion. Qui è raggiunto da Cataturio che con ampia scorta lo accompagna in Cilicia dove trascorre tranquillamente l’inverno. Approfittando della momentanea tregua sono inviate lettere per giungere a un accomodamento (si temeva infatti la reazione del sultano legato a Romano dal trattato di pace), Romano rifiuta ogni soluzione che non preveda il suo ritorno sul trono così, passato l’inverno, fu spedito Andronico Ducas, forse nominato domestikos delle scholai, con l’esercito. La sua armata attraversò in segreto le gole del Tauro e, nel Giugno del 1072, raggiunto Romano nella fortezza di Adana, che era stata occupata da lui, ci si prepara allo scontro. Romano inviò l’esercito guidato da Cataturio che fu sconfitto e catturato. Rinchiuso nella fortezza e disperando nell’aiuto turco, Romano decise di consegnarsi ai nemici, ricevette garanzia dai vescovi di Calcedonia, Eraclea e Colonea (in nome di Michele VII) che non gli sarebbe stato fatto nulla di male ma sarebbe stato rinchiuso in convento e, vestito da monaco, si consegnò ad Andronico (Psello invece afferma che fu tradito dai suoi che aprirono le porte della fortezza al nemico). Quando lo ebbe in suo potere, Andronico fece mettere Romano in sella a un mulo e lo fece sfilare così lungo la strada tra Adana e Cotiaeum; giunse quindi l’ordine di accecare Romano, le fonti non concordano su chi volle che questo gesto fosse compiuto: alcuni dicono fu per ordine di Michele VII e Psello, altri del cesare Giovanni e dei suoi figli; la cosa certa è che, il 29 Giugno, gli furono cavati gli occhi con dei ferri roventi (davanti ai tre vescovi che avevano garantito della sua incolumità). Quindi fu rinchiuso nel monastero che aveva fondato sull’isola di Prote dove, col permesso di Michele VII, fu assistito dalla ex-moglie Eudocia.

Nel monastero le sue condizioni peggiorarono per le ferite causategli dai ferri; come ultimo scherno ricevette una lettera del suo grande nemico, Michele Psello, che si congratulava con lui per la fortuna che gli era toccata nel perdere gli occhi: era un segno certo che l’Onnipotente lo riteneva degno di una luce migliore.

A causa delle terribili ferite infertegli, Romano IV Diogene si spense nel monastero dell’isola di Prote il 4 Agosto del 1072 e in quel luogo fu sepolto.

Eliminato il problema di Romano, Michele si sentì al sicuro: sempre in quell’anno giunse notizia che Alp Arslan era morto combattendo in Persia contro gli Ogusi che, scacciati dai Mongoli, avevano invaso il suo territorio, e il basileus pensò bene che questa fosse l’occasione per non onorare il trattato di pace con i Turchi e il tributo a esso annesso.

Quell’anno 1072 vide pure l’inizio di una violenta ribellione slava nei Balcani; appoggiato dal principato della Zeta, Costantino Bodin, figlio del principe Michele della Zeta, fu proclamato zar a Prizren, e solo con molta fatica il dux di Durazzo, Niceforo Briennio, riuscì a domare l’insurrezione.

A partire dal 1073 si assistette pure a nuove invasioni turche, le truppe di Malik-Shah iniziarono a espandersi a ondate in tutta l’Anatolia ma non per saccheggiare, ma per insediarsi; per far fronte a questa nuova invasione, Michele inviò un capitano mercenario di origini normanne, Roussel de Bailleul, che però arrivato in Asia si ribellò al basileus e, con 300 seguaci, fondò uno stato normanno indipendente; inoltre propose al cesare Giovanni Ducas di vestire la porpora e sostituire il nipote sul trono, il cesare però rifiutò. Per fermare Roussel (che era arrivato a incendiare Crisopoli e a minacciare, quindi, Costantinopoli che le sorgeva di fronte), Michele chiamò in aiuto i Turchi, donando loro parte del territorio imperiale per il disturbo; questi all’inizio non riuscirono a catturare il ribelle, così l’imperatore inviò un esercito guidato dal giovane generale Alessio Comneno, ma dopo qualche tempo i Selgiuchidi presero Roussel e lo consegnarono ad Alessio, dietro lauto compenso.

Nel Agosto del 1074 la basilissa Maria partorì il principe Costantino che ancora neonato fu fatto fidanzare con una figlia di Roberto il Guiscardo, Olimpia, che si trasferì a Bisanzio e lì fu chiamata Elena. Psello descrive l’aspetto del principe così “Il suo volto si tornisce in un ovale perfetto. Gli occhi sono d’un luminoso azzurro, immensi e colmi di serenità. Le sopracciglia sono linee perfettamente diritte, un poco distanziate all’attaccatura del naso, appena arcuate verso le tempie. Il naso è modellato placidamente intorno alle narici, ma all’attaccatura s’innervosisce un poco e procedendo verso la punta assume qualcosa di grifagno. Dal capo fiorisce un’abbondante chioma color del sole. Ha labbra delicate, e quasi sempre chiuse” (4).

Il 2 Agosto del 1075 fu eletto patriarca di Costantinopoli Cosma I che sostituiva il defunto Giovanni VIII Xifilino.

In questi anni si assiste a una grave crisi economica, causata dalle stesse misure del governo e da altri fattori. La continua perdita di varie province, infatti, finì con l’intaccare le entrate fiscali; erano queste che, gravando sulle popolazioni rurali, riempivano le casse dello stato. La continua conquista turca di sempre più ampie fette dell’Anatolia, cominciò a sottrarre a Bisanzio quello che era il suo principale serbatoio di risorse economiche e umane, la perdita delle province causò pure una diminuzione del commercio e dei dazi da esso derivanti; tutto ciò, in un momento di forte aumento delle spese militari, iniziò a causare squilibri nell’economia bizantina (5). I prezzi aumentarono a tal punto da provocare la svalutazione del nomisma d’oro che non equivalse più a un medimno pieno di grano, ma a un medimno meno un pinakion (parà pinàkion), per questo il popolo iniziò a chiamare il basileus Michele Parapinace.

Intanto a corte fece la sua comparsa un uomo di umili origini ma dal carattere di ferro, il logoteta Niceforitze, che riuscì a diventare il primo e più stretto consigliere di Michele e a mettere nell’ombra non solo il cesare Giovanni Ducas (che lo aveva introdotto a corte) ma pure lo stesso Psello che alla fine, sconfitto nella lotta e abbandonato dal suo amato discepolo, si ritirò in convento a scrivere. Niceforitze cercò di combattere le forze centrifughe che agitavano l’Impero e per fare ciò (e aumentare l’entrate fiscali) si spinse a rendere il frumento monopolio di stato, così fece edificare a Rodosto un immenso magazzino dove dovevano essere stoccati tutti i carichi di frumento destinato alla Capitale e punì il libero commercio del grano. La cosa non piacque a nessuno, né ai latifondisti, che dal commercio del grano guadagnavano enormi cifre, né al popolo, che assistette a un costante aumento del prezzo del pane; il risultato fu che il malcontento andò aumentando il tutte le classi sociali del paese.

Alla situazione interna disastrosa si aggiunse quella esterna: in questi anni, infatti, la sovranità di Bisanzio sulla costa adriatica cominciò a cedere. La Croazia, che ai tempi di Basilio II era stata costretta a riconoscere la sovranità imperiale, già sotto la guida di Pietro Cresimiro IV (1058 – 74), aveva iniziato a svincolarsi dal vassallaggio bizantino ampliando i suoi confini; la situazione peggiorò sotto il successore di Cresimiro, Demetrio Zvonimiro che, nel 1076, fu incoronato re e nominato vassallo del papa dal legato di Gregorio VII. L’anno seguente anche Michele della Zeta ottenne la corona dal papa, sottraendosi così al controllo bizantino; nel frattempo le incursioni e i saccheggi di Peceneghi e Ungheresi rendevano i Balcani sempre più instabili e insicuri.

Nel 1077 il generale Alessio Comneno sposa Irene Ducas, figlia di Andronico (figlio del cesare Giovanni) e di Maria di Bulgaria; un nipote del defunto imperatore Isacco entra così nella famiglia imperiale. Il giovane entra pure nelle grazie dell’imperatrice Maria d’Alania (tanto che le male lingue di corte iniziarono a mormorare sul loro conto) riuscendo così a rafforzare la sua posizione a corte.

La fine (1077 – 1078)

La misura era colma, vari usurpatori iniziarono a farsi avanti (tra gli altri il generale Filatero, fedele collaboratore di Romano IV, che prese il controllo di Antiochia e Tessalonica, e Teodoro Gabra che si impadronì di Trebisonda) e contro di loro Michele mise in campo non solo Alessio Comneno (il suo migliore generale) ma pure Roussel de Bailleul, fatto uscire di prigione; alcune di quelle rivolte furono domate, ma la situazione non migliorò. All’inizio del Novembre del 1077, il dux di Durazzo, Niceforo Briennio, entrò come anti-imperatore ad Adrianopoli, sua città natale, e inviò le sue truppe sotto le mura di Costantinopoli. Briennio (che aveva combattuto lealmente a Manzikert) era un generale abile e avrebbe potuto facilmente prendere il potere, solo che lo stratego del thema anatolico, Niceforo Botaniate, si ribellò in Asia; l’usurpatore occupò varie città e poi iniziò a marciare verso la Bitinia mentre stringeva rapporti con membri del Senato e del clero di Costantinopoli che erano ostili a Michele e a Niceforitze. L’imperatore, ignaro della presenza di nemici nella Città, inviò ambasciatori al sultano turco Solimano I per chiedere mercenari per fermare Botaniate. Solimano accettò e si mise in marcia, Botaniate cercò di evitarlo ma, a duecento miglia da Nicea di Bitinia fu raggiunto e attaccato dai Turchi; dopo averli contrastati coraggiosamente, Botaniate inviò Crisosculo da Solimano e lo convinse ad accettare del denaro e a tornare a casa (alcuni dicono che lo convinse a schierarsi dalla sua parte). Quindi, liberatosi dei Turchi, Niceforo Botaniate entrò a Nicea e, il 7 Gennaio del 1078, fu acclamato basileus dei Romei.

Quando la notizia si diffuse nella Capitale, il Senato e parte del clero, guidato dal patriarca di Antiochia, Emiliano, si riunirono a Santa Sofia per trovare il modo di far abdicare Michele e accogliere Botaniate. Si decise di inviare Michele Varìs dal cesare Giovanni per indurlo a passare dalla loro parte. Varìs trovò il cesare nella chiesa delle Blacherne con l’imperatore e, portatolo in disparte, gli espose la situazione. Giovanni Ducas rifiutò fermamente di tradire il nipote e consegnò Varìs al logoteta Niceforitze che avvisò Michele VII. Si studiò il da farsi, Alessio Comneno propose di inviare alla cattedrale dei soldati ad arrestare i congiurati, il basileus preferì rinviare l’azione al giorno dopo “era già sera tarda, e prevedeva scompiglio e disordini in città se qualcuno veniva arrestato” (6). Questo salvò i congiurati i quali, avvisati da Varìs prima del suo arresto, provvidero a liberare i prigionieri dalle carceri e ad armarli insieme con i propri servi e schiavi, quindi li fecero convergere su Santa Sofia. La rivolta divampò in Città, alcuni edifici governativi furono bruciati, e tra questi l’odiato deposito del frumento di Rodosto. Intanto l’imperatore chiedeva consiglio ad Alessio: questi propose di usare la guardia e spazzare via i ribelli che erano male armati, ma Michele si rifiutò, quando Alessio insistette gli fu risposto che era crudele, quindi il basileus disse “Da tempo divisavo di lasciare il potere; ciò che spontaneamente andavo meditando, poiché la provvidenza l’ha stabilito contro la mia volontà, volentieri l’accetto. Tu, se vuoi, metti sul trono, al mio posto, mio fratello Costantino” (7). Il Comneno, allora, richiese un documento scritto che certificasse l’abdicazione, Michele lo redasse; poi si recò nella chiesa della Madre di Dio alle Blacherne.

Alessio Comneno, perciò, si recò da Costantino Ducas per offrirgli la corona, il ragazzo rifiutò e propose di andare a Nicea da Botaniate e riconoscerlo imperatore. Intanto Niceforo, venuto a sapere dei tumulti in Città, si spostò verso il Bosforo e si istallò a Preneto, da qui inviò truppe a occupare il Palazzo, quindi si insediò nel palazzo delle Rufiniane per aspettare il dromone imperiale. Questo giunse insieme a Costantino Ducas e ad Alessio Comneno che fecero atto di ubbidienza. Intanto giunse notizia che il Palazzo era stato occupato, Niceforo, spedito Costantino in convento, salì sul dromone e giunse a Costantinopoli dove fu accolto da una folla festante, era il 24 Marzo del 1078; quel giorno stesso Niceforo III Botaniate fu incoronato imperatore dei Romei dal patriarca Cosma a Santa Sofia.

Gli eventi successivi (1078 – 1100)

Per migliorare la sua posizione, il nuovo basileus pensò di sposare Eudocia, la madre di Michele, il cesare Giovanni lo dissuase e gli propose la bella Maria d’Alania, moglie del suo predecessore. Botaniate accettò e fece venire l’imperatrice dal monastero di Petrion dove si era rifugiata. Durante la cerimonia di nozze, però, il sacerdote fu preso da incertezza (infatti Maria d’Alania aveva ancora il marito in vita e lo stesso Botaniate aveva ancora in vita la sua seconda moglie) e tentennava nel celebrare l’unione. Allora il cesare Giovanni lo fece abilmente sostituire con un altro prete che unì i due in matrimonio.

Per quanto riguarda Michele VII, su consiglio di suo zio, si recò a S. Giovanni in Studio e si fece monaco, il patriarca “Cosma, conoscendo la purezza dell’uomo, lo inquadrò nel clero e poco dopo lo nominò metropolita di Efeso” (8).

Intanto il logoteta Niceforitze era fuggito presso Roussel a Selimbria, lì infatti Michele VII lo aveva inviato per combattere il ribelle Briennio. Giunto dal Normanno, il logoteta gli propose di andare con lui a schierarsi con Briennio, ma Roussel invece lo fece arrestare e condurre da Botaniate, questi lo fece rinchiudere nell’isola di Oxia dove, dopo poco tempo, morì in seguito ad atroci e spietate torture.

Niceforo Briennio fu, in seguito, catturato da Alessio Comneno e accecato; Michele Psello, che per tanti anni era stato al fianco della casata dei Ducas e tanti onori e titoli aveva ottenuto, morì poco tempo dopo questi eventi, forse nel Maggio del 1078, mentre era ancora intento a completare e rifinire la sua Cronografia.

Michele VII Ducas Parapinace, invece, divenuto metropolita della chiesa di Efeso, morì nel suo letto intorno al 1090; sebbene con lui non si estinguesse la dinastia Ducas, nessuno dei suoi parenti, in seguito, fu basileus dei Romei, tranne suo figlio che, a partire dal Novembre del 1083, fu associato al trono da Alessio I Comneno che gli diede come fidanzata sua figlia Anna. Nel 1092 comunque Costantino sarà privato della dignità imperiale e sostituito da Giovanni, il primo figlio maschio di Alessio, che sarà associato al trono. Costantino Ducas, figlio di Michele VII, morirà intorno al 1094; pochi anni prima (intorno al 1090) era uscita di scena sua madre, la bella Maria d’Alania, che, dopo aver favorito l’ascesa al trono di Alessio, era caduta in disgrazia, forse per un tentato colpo di stato, ed era stata costretta a ritirarsi nel convento di S. Giorgio ai Mangani dove prese i voti e, secondo Zonara, fu perdonata dall’ex-marito Michele, vescovo di Efeso; morirà in convento intorno al 1100. Costantino, fratello dell’ex sovrano, invece, dopo essere stato chiuso in convento da Botaniate ed essere poi stato liberato da Alessio I, morirà il 18 Ottobre del 1081 a Durazzo durante la guerra contro i Normanni. Con la nascita del figlio Giovanni, Alessio si sentirà tanto sicuro da poter fare a meno anche del cesare Giovanni che uscirà di scena definitivamente dopo avere, per anni, gestito la politica bizantina, vera eminenza grigia dell’Impero. Ritiratosi nel convento di Trachonesium si farà monaco e trascorrerà lì gli ultimi anni di vita.

Considerazioni finali

I quasi otto anni di governo di Michele VII furono particolarmente disastrosi per l’Impero, le invasioni e le razzie da parte di popoli stranieri devastarono le province, i Turchi iniziarono a stanziarsi nel cuore dell’Anatolia, da dove non se ne sarebbero più andati; Serbi e Croati sciolsero il legame che li univa all’Impero che così perdeva tutti i vantaggi acquisiti con le campagne di Basilio II, le stesse ribellioni nelle forze armate bizantine furono numerosissime, l’economia andò in crisi e di conseguenza la popolazione soffrì molto. Nel complesso non si può dire che Michele VII fu un buon sovrano, né che fu all’altezza del suo compito, alla prova dei fatti risultò debole e irresoluto(forse non ordinò di accecare Romano IV, ma di certo non lo impedì), Psello gli riconobbe una grande passione per lo studio e la filosofia, ma d’altronde non ebbe la forza né di gestire il potere che gli era stato dato, né di lottare per tenerselo; davanti all’insurrezione della Capitale e agli usurpatori che avanzavano preferì abdicare e ritirarsi in chiesa. In questa scelta trovò la sua salvezza, giacché il nuovo basileus si comportò con magnanimità e non riservò a lui il trattamento che era stato riservato, da Michele stesso o dai sui consiglieri, a Romano IV; il ruolo tranquillo e ritirato di metropolita, forse, fu il più adatto per un uomo che era più versato nella contemplazione e nello studio che nell’azione e nel potere; ma questa, a quanto pare, fu una caratteristica di quasi tutti i membri della famiglia Ducas. Visti i tempi che l’Impero attraversava ci sarebbe voluto un sovrano molto più fermo, risoluto e deciso di lui, ma per il momento Bisanzio si dovette accontentare di Niceforo III, che era stato in gioventù un buon soldato, ma che, comunque, non sarà all’altezza delle nuove sfide che lo attenderanno sul trono dei Romei. La sua rivolta riuscì, però, a deporre la dinastia Ducas, che vari e innumerevoli danni aveva causato all’Impero e aprì le porte della sala del trono ad Alessio Comneno che tre anni dopo diverrà imperatore dando vita a una delle più grandi dinastie bizantine con la quale l’Impero ritornerà, anche se solo per un secolo, a essere una delle principali potenze del Mediterraneo e del mondo medievale.

autore: ANTONINO MARLETTA

NOTE

(1) J. J. NORWICH, Bisanzio, splendore e decadenza di un impero, pag. 259.

  1. ANNA COMNENA, Alessiade, III, 2, 3-4.

  2. MICHELE PSELLO, Cronografia, VII, b 27.

  3. Ibidem, VII, c 12.

  4. R. – J. LILIE, Bisanzio, la seconda Roma, pag. 302.

  5. NICEFORO BRIENNIO, Materiali per una storia, III, 19; in Bisanzio nella sua letteratura, pag. 442.

  6. Ibidem, III, 21; in op. cit., pag. 443.

  7. Ibidem, III, 24; in op. cit., pag. 444.

BIBLIOGRAFIA

U. ALBINI e E. V. MALTESE, Bisanzio nella sua letteratura, a cura di, Milano 2004.

ANNA COMNENA, The Alexiad, edited and translated by E. A. Dawes. London: Routledge Kegan, Paul, 1928.

G. HERM, I bizantini, ed. it. Milano, 1985.

R. – J. LILIE, Bisanzio, la seconda Roma, ed. it. Roma, 2005.

P. MORELLI – S. SAULLE, Anna Comnena, la poetessa epica, Milano, 1996.

J. J. NORWICH, Bisanzio – splendore e decadenza di un impero, ed. it. Milano, 2000.

G. OSTROGORSKY, Storia dell’impero bizantino, ed. it. Torino, 1968.

MICHELE PSELLO, Imperatori di Bisanzio (Cronografia), a cura di S. lmpellizzeri, trad. it. di S.

Ronchey, Milano, 1984.

Di Nicola

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